Sportello Unico per l'Edilizia

Stato legittimo dell’immobile

Introduzione La regolarità urbanistica del bene è requisito necessario per procedere a interventi edilizi o a permettere la circolazione dell’immobile.

Introduzione

La regolarità urbanistica del bene è requisito necessario per procedere a interventi edilizi o a permettere la circolazione dell’immobile.

In merito vige il Testo Unico dell’edilizia ultimamente modificato dal decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020 (decreto sulle semplificazioni) convertito nella legge 120 dell’11 settembre 2020.

Grazie a questo intervento normativo vi è il nuovo articolo 9 bis: questa norma prevede la certificazione chiamata “attestazione dello stato legittimo del fabbricato” che permette la trasferibilità del bene.

Basta allegarla agli atti di trasferimento, di divisioni o di costituzione di diritti reali.

La circolarità dell’immobile si ha non solo quando viene venduta o donata la proprietà del bene ma anche nei casi di trasferimento di un diritto reale minore (usufrutto, uso, enfiteusi, servitù e così via).

Stato legittimo dell’immobile per il Testo Unico Edilizia

Riprendendo l’art. 9-bis, il suo testo è del seguente tenore: “Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

La norma più volte fa riferimento al titolo abilitativo. Deve trattarsi del titolo che ha legittimato la costruzione o l’ultimo intervento effettuato sull’immobile o sull’unità immobiliare nonchè i titoli successivi abilitanti interventi parziali.

Questa documentazione viene rilasciata da un tecnico abilitato, e deve specificatamente indicare che non vi sono violazioni urbanistiche. L’unica eccezione consentita è l’eventuale esistenza delle cd. “tolleranze costruttive”.

La predetta certificazione ha anche la funzione di documentare che l’immobile, anche se privo di titolo, è stato costruito in conformità alla normativa urbanistica vigente, naturalmente sulla comprova di documentazione idonea Si tratta di immobili costruiti quando non era ancora richiesto il rilascio del titolo abilitativo: la prova dello stato legittimo può essere assunta con i mezzi indicati dalla norma (riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato) ovvero vi sia un principio di prova del titolo abilitativo, senza averne copia.

Al pari, si tratta di documento, in assenza del titolo abilitativo smarrito o distrutto, che, quando è accompagnato da idonea documentazione, attesta che la costruzione è stata fatta nel rispetto della normativa vigente.

Naturalmente questo certificato non equivale al titolo abilitativo. Esso, a differenza di quest’ultimo, attesta che nella costruzione dell’immobile sono state osservate le prescrizioni previste dai titoli abilitativi e che sono presenti eventualmente delle “tolleranze esecutive” che -come accennato e meglio esposto in seguito- non costituiscono violazioni urbanistiche.

Specifiche autorizzazioni

Il documento in esame indica altresì il rispetto delle disposizioni urbanistiche, quali quelle strutturali, quelle poste a tutela di specifici vincoli e così via, testimoniando l’esistenza e la conformità agli atti specifici che sono il presupposto per la validità del titolo edilizio. Così si pensi per le autorizzazioni antisismica, paesaggistica, idrogeologica e simili.

Condono e fiscalizzazioni

Lo stato legittimo ricorre anche nel caso di immobile condonato. Volendo fornire una definizione del condono, esso consente di sanare situazioni di abusivismo in ambito edilizio.

La procedura di sanatoria implica l’equiparazione delle costruzioni abusive a quelle legittime, come evidenzia il Ministero Infrastrutture e Trasporti con la Circolare del 7 agosto 2003, n. 4174.

Il condono fa in modo che vi sia l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative, comporta l’estinzione del reato e la conseguente libera commerciabilità dell’immobile.

La giurisprudenza è di contrario avviso: essa asserisce che permane l’elemento antigiuridico perché il pagamento delle sanzioni pecuniarie esclude solo la legittima demolizione ( C. Stato 29 settembre 2011, n. 5412).

La fiscalizzazione ex art. 38 Testo Unico Edilizia può essere la strada alternativa quando non sia possibile rimuovere i vizi oppure disporre la rimessa in pristino.

Si possono avere tre fiscalizzazioni diverse.

Fiscalizzazione dell’abuso applicabile a vizi formali e/o sostanziali: è sulla falsariga del condono edilizio, perchè può rendere regolari gli abusi edilizi di natura sostanziale (Cons. di Stato n. 5089/2019).

Fiscalizzazione dell’abuso applicabile soltanto per vizi formali o procedurali emendabili: si tratta della fiscalizzazione dei soli vizi formali o delle procedure amministrative emendabili (modificabili o correggibili a posteriori), non riguardando le ipotesi di vizi sostanziali e condono per abusi sostanziali (Cons. di Stato 1861/2016).

Fiscalizzazione di vizi formali, e fiscalizzazione dei vizi sostanziali emendabili (modificabili): come desumibile dalla descrizione, è ipotesi a metà tra le due precedenti: consente l’ultima fiscalizzazione appena riportata e serve anche per i vizi sostanziali esclusivamente emendabili.

In questo caso non vi è la sanatoria dell’abuso perché verrebbe eliminato con le modifiche al progetto prima del rilascio della sanatoria; questa non varrebbe come accertamento di (doppia) conformità ex art. 36 perché la legge qui non lo sancisce (Cons. di Stato n. 4221/2015).

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 17 in data 17 settembre 2020 ha osservato che i vizi di cui all’art. 38 (cioè relativi alla fiscalizzazione) sono solo quelli che riguardano forma e procedura di cui, alla luce di un esame in concreto operato dall’amministrazione, venga accertata l’impossibilità di rimozione.

Il Consiglio ha pertanto seguito la seconda fattispecie di cui sopra, facendo diminuire il numero dei casi di fiscalizzazione.

Alla luce di quanto detto, si può quindi concludere che la fiscalizzazione dell’illecito non vale quale sanatoria dell’abuso edilizio, non essendo una regolarizzazione dell’illecito, non fornendo autorizzazione del completamento delle opere realizzate: le parti abusive sono solo tollerate, nello stato in cui si trovano, in funzione di conservazione delle altre realizzate legittimamente ( Cass. pen., 13 gennaio 2020, n. 844; Cass. pen., 21 giugno 2018, n. 28747).

Tolleranze esecutive

Le cd. “tolleranze esecutive” sono le difformità rispetto al titolo abilitativo che non incidono sulla commerciabilità del bene: non sono di gravità tale da rappresentare una violazione edilizia.

Se la costruzione è stata realizzata in conformità al titolo abilitativo, lo stato dell’immobile è legittimo.

Gli scostamenti dal titolo abilitativo devono essere all’interno del limite del 2%. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non è violazione edilizia se nei limiti del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.

Fuori da questi casi, per gli immobili non sottoposti a tutela ai sensi decreto legislativo 22 gennaio 2004 numero 42, sono anche tolleranze esecutive le irregolarità geometriche, le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite nel corso dei lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, sempreché non valgano quale violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non siano di pregiudizio dell’agibilità dell’immobile.

Essendo irregolarità minori (art. 34 bis T.U.E.) si qualificano come tolleranze esecutive: in quanto tali, possono risultare dalla certificazione dello stato legittimo.

Come detto, se il certificato riporta l’attestazione di queste tolleranze non vi è compromissione della circolarità del bene.

Secondo le Sezioni Unite del Supremo Collegio n. 8230 del 22 marzo 2019, la commerciabilità è compromessa solo se si tratti di manufatto costruito in totale assenza di un titolo edilizio o se la costruzione è stata realizzata in totale difformità dal titolo edilizio. In questa sentenza si legge che la nullità non può essere riferita a situazioni di abuso minore.

Il principio di diritto affermato è che in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. S.U. 22 marzo 2019, n. 8230).

Immobili carenti di titolo edilizio

Come abbiamo visto, l’ art. 9-bis T.U.E. detta le regole da applicare per attestare lo stato legittimo per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era d’obbligo acquisire il titolo abilitativo edilizio.

La disposizione sancisce che lo stato legittimo è “quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza“.

L’interpretazione letterale di questa disposizione fa concludere che l’indicazione dei documenti pare essere solo a titolo esemplificativo ed in forma gerarchica. Infatti, in primis bisogna verificare le informazioni catastali di primo impianto. Solo in alternativa (o a completamento) è possibile ricorrere agli altri documenti probanti posti come esempi sullo stesso piano dalla norma.

Stante questa caratteristica, possono venire in rilievo le informazioni catastali non di primo impianto. Condizione imprescindibile è che della documentazione indicata sia dimostrata la provenienza.
Questi documenti sono uniti al titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, integrato con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Non disponibilità del titolo

La norma in esame infine prevede la possibilità di ricorrere ai mezzi di prova alternativi ove ricorra la prova dell’esistenza del titolo ma non vi sia copia del medesimo.

La certificazione

L’ art. 34-bis T.U.E., in termini di tolleranze esecutive, indica quando la dichiarazione di stato legittimo è richiesta.

Le tolleranze esecutive, realizzate in precedenti interventi edilizi (poiché, come sopra visto, non hanno natura di violazioni edilizie), sono dichiarate dal tecnico abilitato, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione di diritti reali, compreso lo scioglimento della comunione,

Il tecnico abilitato dichiara quindi che l’immobile si trova nello stato legittimo, e che pertanto non vi sono difformità rispetto al titolo edilizio con il quale è stato realizzato/sanato o con il quale sono stati realizzati interventi parziali successivi, trattandosi eventualmente di casi di lievi difformità rientranti nelle tolleranze. Queste ultime devono pur sempre essere dichiarate.

Contenuto della dichiarazione

La dichiarazione di “stato legittimo” dell’immobile è dunque una dichiarazione asseverata, per la quale non vi è un facsimile predefinito. Da essa devono assolutamente risultare: i dati del tecnico asseverante; i dati catastali e di localizzazione dell’immobile e/o delle unità immobiliari; i titoli edilizi che hanno autorizzato gli interventi o la dichiarazione che non sono stati reperiti titoli abilitativi essendo l’immobile di remota costruzione; che non è stato oggetto di successivi interventi edilizi per i quali era necessario di munirsi di titoli abilitativi, con riferimenti ai dati di primo impianto catastale o alle altre fonti indicate dall’ art. 9-bis del D.P.R. 380/2001; informazioni urbanistiche, eventuali vincoli, ecc.; eventuali tolleranze costruttive; eventuali note del tecnico; eventuali allegati a discrezione del tecnico; dichiarazioni finali, tra cui l’asseverazione vera e propria.

Uso della dichiarazione

Da tutto quanto detto si ha che la certificazione può essere molto utile, se non essenziale, per le pratiche edilizie, esclusa la CILA.

Il modello della SCIA prevede, tra le dichiarazioni del committente, la dichiarazione della conformità dell’immobile al titolo edilizio preesistente; nelle compravendite, comporta la circolarità del bene, secondo quanto riportato sopra; serve per conseguire benefici fiscali individuati per determinati interventi da eseguire sugli immobili; in tutti i casi in cui si ritenga opportuno produrre un documento che attesti la conformità urbanistica dell’immobile.

Schema di dichiarazione

Ultimo aggiornamento

20 Gennaio 2022, 20:28