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Casetta di legno a uso ripostiglio: quando serve la SCIA

Un manufatto di 11 mq. con altezza massima di 2,48 mt. stabilmente connesso al suolo tramite una fondazione a platea è assimilabile, piuttosto che a un ripostiglio, a un locale adibito a deposito funzionalmente autonomo e dal carattere permanente

Data:
27 Febbraio 2024

Con sentenza 158/2024 del 29 gennaio, il Tar Veneto fornisce chiarimenti su quale titolo abilitativo sia ‘corretto’ per la realizzazione di una ‘casetta’ di legno a uso ripostiglio, collocata in leggero distacco rispetto alla parete nord dell’edificio, sfruttando la platea di calcestruzzo già esistente e affiancandogli una copertura aperta realizzata con assi tra loro intervallate da spazi vuoti (dai ricorrenti qualificata come pergolato), asseritamente privo di consistenza urbanistica considerate le modeste dimensioni.

La “sostituzione” del manufatto – si legge nel ricorso – sarebbe avvenuta quando il regolamento edilizio allora vigente non prevedeva alcuna specifica restrizione per l’installazione di tali manufatti accessori; e quando il c.d. glossario dell’attività edilizia libera (approvato con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 2 marzo 2018, sulla scorta di quanto previsto dal d.lgs. 222/2016) espressamente prevedeva la possibilità di liberamente installare le casette di legno a uso ripostiglio, purché di modeste dimensioni.

Casetta da demolire perché manca la SCIA

Il comune, dopo apposito sopralluogo, ha avviato un procedimento sanzionatorio, volto alla repressione di eventuali abusi, sul presupposto che l’intervento in questione avrebbe dovuto essere eseguito previa presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi dell’art. 22 del dpr 380/2001.

La conclusione del procedimento è avvenuta tre anni più tardi con l’ordine del ripristino dello stato dei luoghi e della rimozione del manufatto, in applicazione dell’art. 27 del dpr 380/2001.

Semplice ripostiglio o opera a se stante? La decisione finale

Secondo i ricorrenti, il provvedimento del comune è viziato da un difetto di istruttoria e da un travisamento dei fatti, in quanto la struttura manca di stabilità e autonomia rispetto al fabbricato principale. Ne deriva che essa non può essere considerata un volume edilizio.

Il TAR, per risolvere la questione, esamina la documentazione e le fotografie relative all’opera edilizia: secondo i giudici amministrativi, nonostante la superficie limitata e l’altezza massima di 2,48 metri, la casetta è assimilabile a un locale adibito a deposito funzionalmente autonomo e con carattere permanentenon a un semplice ripostiglio.

Le caratteristiche come l’impianto elettrico e le grondaie escludono la precarietà della struttura.

Ultimo aggiornamento

27 Febbraio 2024, 20:13