Sportello Unico per l'Edilizia

Lavori in totale difformità: le responsabilità del direttore dei lavori

Il direttore dei lavori deve vigilare sulla conformità delle opere ed è responsabile fino alla conclusione o alla rinunzia dell’incarico

Data:
10 Settembre 2022

La Corte di Cassazione torna sui reati relativi a lavori edili condotti in totale difformità dal titolo abilitativo richiesto: responsabilità del direttore dei lavori, condizioni per il verificarsi di una difformità totale delle opere ed una eventuale sanatoria, questi gli ingredienti della sentenza penale n. 32020/2022.

La casetta al piano terra che si trasformava in una villa a due piani. Il caso

Il tribunale e la Corte d’Appello condannavano i proprietari e committenti, l’impresa e il direttore dei lavori per le opere riguardanti un immobile residenziale su due piani eseguito in totale difformità dal titolo edilizio rilasciato, con l’applicazione dell’art. 44 “Sanzioni penali” del dpr 380/2001.

L’originario permesso di costruire rilasciato prevedeva, infatti, la realizzazione di un fabbricato rurale costituito da un piano terra in area agricola e sismica e per giunta assoggettata a vincolo paesaggistico.

Successivamente, il Comune ne ordinava la demolizione ma i protagonisti della vicenda tentavano di salvare capra e cavoli con diversi espedienti: la demolizione parziale delle opere, la richiesta di un permesso di costruire in sanatoria delle restanti parti.

La questione sfociava in un ricorso in Cassazione, supportato principalmente dalla motivazione secondo la quale uno dei ricorrenti osservava che era stata accertata la doppia conformità dell’intervento, con la conseguente prova della sanabilità delle opere, e l’assoluzione per intervenuta sanatoria doveva estendersi anche all’estinzione dei reati di diversa natura.

In definitiva, i reati dovevano considerarsi estinti per intervenuto ripristino e sanatoria.

La Cassazione sull’efficacia di una sanatoria e le responsabilità del direttore dei lavori in merito alle difformità edilizie

Gli ermellini in premessa ricordano che in merito ad un intervento edilizio in totale difformità rispetto all’originario permesso di costruire, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 44 del Testo unico dell’edilizia:

si considera in:

  • “totale difformità” l’intervento che, sulla base di una comparazione unitaria e sintetica fra l’organismo programmato e quello che è stato realizzato con l’attività costruttiva, risulti integralmente diverso da quello assentito per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche, di utilizzazione o di ubicazione […]
  • “parziale difformità” l’intervento che, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, all’esito di una valutazione analitica delle singole difformità risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale.

Relativamente al PdC in sanatoria, nel caso in esame, quest’ultimo non aveva affatto estinto gli illeciti, poiché in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 del TUE:

  • non ammette termini o condizioni,
  • deve riguardare l’intervento edilizio nel suo complesso,
  • può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall’art. 36 “Accertamento di conformità” dpr 380/2001,

deve, infatti, ritenersi illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.

Quanto ai reati paesaggistici, la Cassazione ricorda che la speciale causa estintiva, prevista dall’art. 181-quinquies dlgs 42/2004, opera a condizione che l’autore dell’abuso si attivi “spontaneamente” alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l’emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio sì da non essere eseguita coattivamente su impulso dell’autorità amministrativa. Nel caso in esame, puntualizzano i giudici, non vi era stata comunque alcuna spontanea rimessione in pristino, cui era stato dato corso dopo l’intimazione dell’Autorità amministrativa.

Le responsabilità del direttore dei lavori

In merito alle responsabilità del direttore dei lavori, gli ermellini ribadiscono che in tema di reati edilizi, l’obbligo di vigilanza sulla conformità delle opere al permesso di costruire (gravante sul direttore dei lavori ai sensi dell’art. 29, comma 1, dpr 380/2001) cui consegue la responsabilità penale del predetto nel caso di reati commessi da altri senza che intervenga la sua dissociazione ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, permane sino alla comunicazione della formale conclusione dell’intervento o alla rinunzia all’incarico.

Lo stesso obbligo di vigilanza non viene meno in caso di adozione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, salvo (e fintanto) che il cantiere sia sottoposto a sequestro. In quanto sussiste a carico del medesimo DL un onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia all’incarico.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

Ultimo aggiornamento

10 Settembre 2022, 12:40