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Ristrutturazione interna e rimozione infissi: quando basta la CILA

Tar Lazio: la modifica delle tramezzature interne di un fabbricato non richiede né il permesso di costruire (o la SCIA) né l’autorizzazione paesaggistica, se non sono coinvolte parti strutturali dell’edificio

Data:
12 Maggio 2022

Il Tar Lazio, nella recente sentenza 4635/2022 del 19 aprile, si occupa del ricorso di un privato contro l’ordinanza di demolizione emanata da un comune per alcune opere edilizie “interne” ad un appartamento.

Le opere contestate

Secondo quanto ‘rendicontato’ dalla Polizia Locale, nell’appartamento erano visibili:

  • lavori di ristrutturazione interna;
  • rimozione degli infissi;
  • rifacimento completo della copertura con struttura portante in legno e soprastanti manto di tegole;
  • realizzazione di un portico sul terrazzo posto sul lato est del fabbricato, delle dimensioni di ml 4,80 x ml 6,00 con pilastri e soprastante guaina, previa demolizione di una precedente veranda;
  • rifacimento completo dei parapetti del terrazzo in muratura;
  • demolizione del portico posto sul lato sud dell’appartamento;
  • realizzazione di un forno al piano terra delle dimensioni di ml 1,55 x ml 1,50 ed una altezza media pari a ml 1,60”.

L’amministrazione ha dunque ingiunto la demolizione di tali interventi perché a suo dire realizzati abusivamente in assenza di SCIA alternativa al permesso di costruire, di “nulla osta del Genio civile” e di “nulla osta ai sensi del decreto legislativo 42/2004”.

Non bastava la CILA?

Il ricorrente deduce che l’ordine di demolizione sarebbe comunque illegittimo perché le opere o sarebbero sorrette da idoneo titolo o rientrerebbero nelle attività di c.d. edilizia libera.

In particolare, il Comune avrebbe omesso di prendere in considerazione la comunicazione di inizio lavori (CIL, oggi CILA) per manutenzione ordinaria, mai “revocata” o “annullata” dall’amministrazione, e la cui sussistenza avrebbe imposto l’inoltro della comunicazione di avvio del procedimento repressivo.

Egli ha, poi, censurato i rilievi di abusività di ciascuna delle opere sul presupposto (non contestato dall’amministrazione) che esse, realizzate in un ampio arco temporale, non costituirebbero un intervento unitario.

Tramezzature interne e rimozione infissi: è manutenzione straordinaria

Nella specie, secondo la ricorrente, i lavori per la “creazione di tramezzature interne” integrerebbero un’attività di edilizia libera ex art. 6 dpr 380/01 (nel testo applicabile ratione temporis al momento della loro esecuzione, ossia prima del 2011, riconducibile alla manutenzione straordinaria (non essendo coinvolte “parti strutturali” dell’edificio) e che non necessiterebbe di autorizzazione paesaggistica ai sensi della lett. A.1 del d.P.R. n. 31/2017 (“opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici […]”).

Secondo il TAR la critica è fondata, dovendosi ritenere, conformemente a un condivisibile indirizzo, che la modifica delle tramezzature interne di un fabbricato non richiede né il permesso di costruire (o la scia alternativa al permesso di costruire) né l’autorizzazione paesaggistica (v. la sent. di questo Tribunale, sez. II-bis, 28 gennaio 2021, n. 1208: le opere di modifica di spazi interni, sia pure eseguite attraverso demolizione e ricostruzione di tramezzature, non integrano un intervento soggetto a permesso di costruire e neanche a SCIA, non venendo in rilievo alterazioni dei parametri urbanistici ovvero incrementi di volumetria e superficie; né rilevano “i rigorosi limiti imposti dal vincolo paesaggistico”, trattandosi di “opere meramente interne, che non hanno comportato in alcun modo aumento dei volumi preesistenti, né possono essere considerate, in generale, elementi detrattori del vincolo, non potendo in alcun modo alterare il paesaggio, né la percezione che di questo si abbia dai luoghi accessibili al pubblico”).

Per quanto riguarda la “rimozione degli infissi”, sarebbe stata espressamente indicata nella CIL (“sostituzione porte e infissi interni, revisione infissi esterni”), fermo restando che si tratterebbe di un intervento di edilizia libera (manutenzione ordinaria ex art. 3, co. 1, lett. a e art. 6, co. 1, lett. a, d.P.R. n. 380/01), come precisato dal relativo “glossario” di cui all’art. 1, co. 2, d.lgs. n. 222/16, anch’esso non necessitante di assenso paesaggistico stando alla lett. A.2 d.P.R. n. 31/2017 (“interventi sui prospetti e sulle coperture degli edifici”).

Anche qui il TAR da ragione alla ricorrente, poiché a parte il fatto che è stata presentata la CIL (oggi CILA), si tratta di un’attività di manutenzione ordinaria (art. 3, co. 1, lett. a, d.P.R. cit.: “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici […]”), e dunque di edilizia libera (art. 6, co. 1, lett. a, d.P.R. cit.), non necessitante di autorizzazione paesaggistica alla stregua del ridetto punto A.2 (“integrazione o sostituzione […] di finiture esterne o manufatti quali infissi, cornici, parapetti, lattonerie, lucernari, comignoli e simili”).

In ultimo, va evidenziato che anche il “rifacimento della copertura con struttura in legno portante e soprastante manto di tegole“, che sarebbe stato anch’esso oggetto della CIL di cui sopra e non richiederebbe l’assenso paesaggistico (lett. A.2 d.P.R. n. 31/2017).

Anche per quest’opera il Comune, secondo il TAR, non ha tenuto conto della CIL e comunque non ha dimostrato la necessità dell’autorizzazione paesaggistica, non avendo illustrato le caratteristiche dell’intervento; ciò che impedisce di stabilire se esso sia ascrivibile al punto A.2 (“interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, quali: rifacimento di intonaci, tinteggiature, rivestimenti esterni o manti di copertura”) ovvero al punto B.4 (“interventi sulle coperture, […], comportanti alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto con materiali diversi […]”; l’All. B attiene agli interventi “di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato”); per quest’ultima parte, quindi, è fondata la censura di difetto di motivazione.

Rifacimento dei parapetti

Il “rifacimento completo dei parapetti del terrazzo in muratura” rientra nell’attività di manutenzione ordinaria (artt. 3, co. 1, lett. a, e 6, co. 1, lett. a, d.P.R. n. 380/01 cit.) e non richiede l’assenso paesaggistico (lett. A.2 d.P.R. n. 31/2017 cit.), in quanto se “la modifica dei prospetti […] deve considerarsi quale intervento edilizio autonomo, riconducibile […], al ‘genus’ della ristrutturazione edilizia” (“riscontrabile in fattispecie quali apertura di nuove finestre, chiusura di quelle preesistenti e loro apertura in altre parti; nella apertura di una nuova porta di ingresso sulla facciata dell’edificio o comunque su una parete esterna dello stesso; nella trasformazione di vani finestra in altrettante porte-finestre”), “non sarebbe da ricondursi a tale tipologia di intervento tutto ciò che, pur riguardando la facciata dell’edificio, non ha rilievo edilizio, o si concretizza nel rinnovamento o nella sostituzione delle finiture dell’immobile, nell’integrazione o nel mantenimento in efficienza degli impianti tecnologici esistenti, o che si sostanzia in interventi interni al fabbricato” (Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 902); sulla base di questa impostazione, si è affermato che non occorre il permesso di costruire (con conseguente impossibilità di applicare la sanzione demolitoria per assenza di titolo) per “la sostituzione di due ringhiere con altrettanti parapetti in muratura al primo piano, non realizzando tecnicamente tale intervento una modifica del prospetto (T.a.r. Campania 14 maggio 2020, n. 1798).

Realizzazione di un forno al piano terra: serve il permesso

Qui il TAR invece da ragione al comune, poiché l’art. 6, co. 2, lett. equinquies, d.P.R. n. 380/01 effettivamente include tra le attività di edilizia libera le “aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” (v. anche la tab. A, sez. II, n. 29, d.lgs. n. 222/2016, n. 29); sennonché, il ricorrente non ha dimostrato che il manufatto non necessitasse di autorizzazione paesaggistica, non potendo essere ricondotto ad alcuno degli interventi indicati al punto A.19 d.P.R. n. 31/2017 (interventi su impianti idraulici agrari […]; installazione di serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura; palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie; interventi di manutenzione [di vario tipo]; installazione di pannelli amovibili realizzati in legno o altri materiali leggeri per informazione turistica o per attività didattico-ricreative; interventi di ripristino delle attività agricole e pastorali […]”).

In conclusione, risultano fondati i rilievi concernenti le opere sopra indicate, ad eccezione di quanto detto per l’ultimo intervento (forno), con conseguente illegittimità delle corrispondenti parti dell’ordinanza di demolizione.

Ultimo aggiornamento

12 Maggio 2022, 20:25