17 Maggio 2023
Sanatoria edilizia: lo stretto legame con lo stato legittimo
Una delle novità più interessanti è arrivata con il Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76 che prevede una definizione di “stato legittimo” dell’immobile o dell’unità immobiliare.
L’accertamento di conformità
Le uniche possibilità di sanare una difformità edilizia sono contenute all’interno del T.U. Edilizia:
- art. 36 che consente la sanatoria degli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire (o in difformità) o in assenza di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) alternativa a permesso di costruire (o in difformità);
- art. 37 che consente di sanare gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata.
La differenza tra i due articoli è profonda. Un aspetto che accomuna il permesso di costruire in sanatoria e la SCIA in sanatoria è la necessità della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (la cosiddetta doppia conformità).
Lo Stato legittimo
Per la verifica della conformità è necessario comprendere la definizione di stato legittimo contenuta nell’art. 9-bis (Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili), comma 1-bis del T.U. Edilizia per il quale:
Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.
La verifica dello stato legittimo, dunque, necessita:
- del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione o la legittimazione dell’immobile;
- oppure del titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrato con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
- per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, delle informazioni catastali di primo impianto ovvero altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e del titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Dopo aver verificato lo stato legittimo occorre incrociare il progetto con lo stato di fatto in cui si trova l’immobile. Se questi coincidono allora l’immobile possiede lo stato legittimo che può essere considerato come una patente edilizia. Viceversa, se non coincidono si è in presenza di un abuso edilizio sul quale occorre verificare la sua consistenza.
Gli abusi sostanziali
Quando si parla di consistenza di un abuso edilizio non ci si riferisce solo alla sua “dimensione”. Un abuso può essere classificato come:
- sostanziale;
- formale;
I primi sono quegli abusi realizzati in violazione delle norme edilizie e urbanistiche che non possono essere sanati ma solo demoliti. Il T.U. edilizia residua solo la possibilità di fiscalizzazione dell’abuso, normata all’interno:
- dell’art. 33 (comma 2) – interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- dell’art. 34 (comma 2) – interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- dell’art. 38 (commi 1 e 2) – interventi eseguiti in base a permesso annullato;
con identico presupposto (impossibilità di demolire la parte illegittima senza pregiudizio su quella conforme) ma differenti effetti visto che solo con l’art. 38 si può un permesso di costruire in sanatoria mentre negli altri casi l’abuso resta ma viene solo tollerato.
Da non dimenticare che per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali l’unica strada percorribile è tracciata dall’art. 31 del Testo Unico Edilizia e prevede solo la demolizione e remissione in pristino.
Gli abusi formali
Gli abusi di tipo formale sono quelli documentali. Siamo cioè di fronte ad un intervento che avrebbe potuto essere realizzato perché compatibile con la normativa edilizia ma che è stato realizzato senza. In questo caso, sempre che la normativa, il piano regolatore o i regolamenti edilizi non siano cambiati, è possibile verificare la doppia conformità per ottenere la sanatoria edilizia.
Le sanzioni e l’oblazione
Come scritto, c’è molta differenza tra il permesso di costruire (art. 36) e la SCIA (art. 37) in sanatoria:
- nel primo caso la sanatoria è subordinata al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso;
- nel secondo caso il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del delle Entrate.
Per l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 38 (fiscalizzazione dell’abuso), il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del Entrate, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale.
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