Sportello Unico per l'Edilizia

Dichiarazioni rilasciate per ottenere un titolo edilizio: come desumere la non veridicità

La PA può desumere da elementi di fatto l’erroneità, o comunque la non veridicità, delle dichiarazioni sulla base delle quali l’interessato ha ottenuto un titolo edilizio e, di conseguenza, annullare in autotutela il predetto titolo

Data:
15 Luglio 2023

Con sentenza 6387/2023 del 30 giugno, il Consiglio di Stato si è espresso sulla possibilità, da parte della PA, di desumere da elementi di fatto la non veridicità delle dichiarazioni rilasciate per ottenere un titolo edilizio.

La PA lo può fare, desumendolo da elementi di fatto, e, di conseguenza, annullare in autotutela il predetto titolo; né l’esercizio del potere di autotutela può essere paralizzato dalla mancanza di un giudicato penale, rilevante solo in caso di dichiarazioni sostitutive o atti di notorietà mendaci o falsi.

Nel caso di specie, un comune aveva “annullato in autotutela” una denuncia di inizio attività (oggi sarebbe una SCIA) presentata nel 2010 e finalizzata alla realizzazione di un intervento edilizio di demolizione e ricostruzione di un locale deposito, beneficiando delle norme di favore di cui alla l.r. della Puglia del 30 luglio 2009 n. 14 (cd. legge sul piano casa della regione Puglia).

L’esercizio del potere di autotutela era stato sollecitato da un esposto presentato al comune dai proprietari dei terreni confinanti, nel quale si rappresentava che il locale in questione “indicato come deposito, delle dimensioni di 7 x 3,40, è stato realizzato probabilmente senza alcuna licenza non più di due anni fa e non, come dichiarato, esistente già dal 1942”, “da tutto ciò risulterebbero, pertanto, delle cubature maggiori al fine di ottenere una concessione edilizia con una richiesta di permesso a costruire con volumi maggiori di quelli che spetterebbero”.

Il comune aveva annullato la DIA, ritenendo che effettivamente la proprietaria del deposito avesse rilasciato dichiarazioni erronee o, comunque, non veritiere, in quanto “….la precedente struttura del locale deposito risultava in pietra a secco e il successivo ampliamento (di cui non consta un titolo edilizio, neppure richiamati dalla parte) risulta eseguito con parametri murari recenti (blocchi in cemento vibro-compresso con copertura precaria in lamiera grecata, semplicemente poggiata sui muri esterni e così mantenuta da semplici pietre come consta dai rilievi in loco agli atti del fascicolo….”.

Il TAR competente, in primo grado, aveva accolto il ricorso proposto dalla proprietaria del deposito, ritenendo che l’annullamento fosse “perplesso” quanto all’esistenza del deposito; il Consiglio di Stato ha invece accolto l’appello proposto dal comune, ritenendo che la motivazione non fosse affatto perplessa e che la PA ben possa desumere, da una serie di elementi di fatto, la non rispondenza a verità delle dichiarazioni rilasciate dal privato.

Ultimo aggiornamento

15 Luglio 2023, 17:06