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Da magazzino ad abitazione con opere: serve il permesso di costruire

Tar Campania: la variazione della consistenza dell'abitazione a cui è stata "aggiunta" una parte del locale deposito, con trasformazione del magazzino in superficie abitabile, configura una ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d'uso rilevante assentibile con permesso di costruire, in caso di opere rilevanti

Data:
22 Maggio 2025

La trasformazione di un locale adibito a magazzino in unità residenziale, comportando opere edilizie e un cambio d’uso significativo, richiede il rilascio del permesso di costruire.

Lo ha ribadito il TAR Campania nella sentenza n. 1693/2025 dello scorso 3 marzo, offrendo anche un confronto utile con la disciplina introdotta dal recente “Decreto Salva Casa” in tema di cambi di destinazione d’uso.

Il caso concreto

Al centro della vicenda c’è la contestazione di un’ordinanza comunale di demolizione per lavori eseguiti senza titolo abilitativo: nello specifico, un magazzino è stato integrato in un’abitazione, alterandone la struttura e aumentandone la superficie utile.

Il Comune ha rilevato non solo l’assenza del permesso di costruire, ma anche la mancata acquisizione delle autorizzazioni sismica e paesaggistica, necessarie per l’area soggetta a vincoli.

 

Le motivazioni del ricorso

I proprietari hanno sostenuto che si trattava semplicemente di un piccolo locale di sgombero annesso all’abitazione, senza modifica sostanziale della destinazione d’uso o aumento di volume.

A loro avviso, l’intervento non avrebbe richiesto permessi edilizi maggiori, rientrando nei lavori minori.

La posizione del TAR: è ristrutturazione edilizia con cambio d’uso

Il TAR ha respinto queste argomentazioni, osservando che:

  • l’ampliamento della superficie residenziale tramite l’annessione di parte del magazzino configura una ristrutturazione edilizia con variazione funzionale dell’uso;
  • si è in presenza di un aumento del carico urbanistico, il che comporta la necessità del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 del DPR 380/2001;
  • la semplice funzione di “locale di servizio” non è sufficiente a evitare l’inquadramento dell’intervento tra quelli di maggior rilievo urbanistico.

Il TAR ha richiamato giurisprudenza costante secondo cui l’adattamento di un vano per usi abitativi costituisce un incremento rilevante ai fini urbanistici e volumetrici.

Cambio d’uso: quando è urbanisticamente rilevante

Il mutamento di destinazione d’uso, precisa il TAR, è sempre urbanisticamente rilevante quando comporta una modifica del carico urbanistico. In questi casi, il titolo edilizio è sempre obbligatorio, anche a prescindere dalla classificazione catastale o da modifiche esterne.

Senza titolo abilitativo, l’intervento risulta abusivo, ed è pertanto soggetto a demolizione obbligatoria ex art. 31 del DPR 380/2001.

Cosa cambia con il “Decreto Salva Casa”?

Con l’introduzione del DL 69/2024 (legge 105/2024), la normativa è stata modificata per semplificare i mutamenti di destinazione d’uso. Ora:

  • è consentito il passaggio tra categorie funzionali diverse (es. da deposito a residenziale), anche con opere edilizie, nelle zone A, B e C del DM 1444/1968, purché siano rispettati i vincoli urbanistici e le regole locali.
  • se gli interventi sono eseguibili con CILA o SCIA, il cambio d’uso può avvenire con una semplice SCIA.
  • in caso contrario, resta necessaria la richiesta di permesso di costruire.

Quando basta la SCIA?

Oggi, il cambio d’uso con opere può avvenire con SCIA solo se i lavori non alterano struttura o volume e sono compatibili con una CILA o una SCIA.

Ma se l’intervento incide su volumetria, struttura o prevede aumenti di carico urbanistico, come nel caso in esame, è necessario il permesso di costruire.

Conclusione

Il TAR ha confermato che l’intervento contestato comporta una modifica sostanziale della destinazione e della struttura dell’immobile, non sanabile in assenza di titolo abilitativo. La sanzione demolitoria, in questi casi, è inevitabile.

Ultimo aggiornamento

8 Maggio 2025, 21:11